domenica 27 luglio 2014

ALFANO E IL TOTEM STORICO DELL'ART.18

"Al governo e a Renzi diciamo chiaramente che sull'articolo 18 noi non scherziamo, non è uno slogan elettorale. Vogliamo che quel totem venga abbattuto: anche per Renzi significherebbe abbattere un vecchio totem della sinistra". Sono le parole che il Ministro Alfano ha pronunciato in un suo pubblico intervento nei giorni scorsi a proposito dei patti del suo partito con il Governo. 

E' piu che certo che l'art.18 rappresenta un Totem per la sinistra Perchè per la sinistra (la "vera " sinistra ) la giustizia sociale è un credo irrinunciabile. Mentre per la destra , che sia di Alfano o Berlusconi non cambia nulla, è importante privare il popolo dei propri diritti e delle proprie tutele in modo da instaurare una dittatura di fatto basata sul ricatto sociale:

L'art.18 infatti (della Legge 300/1970 per chi non lo sapesse) recita testualmente 

"Ferma restando l'esperibilità delle procedure previste dall'art. 7 della legge 15 luglio 1966, n. 604, il giudice, con la sentenza con cui dichiara inefficace il licenziamento ai sensi dell'art. 2 della legge predetta o annulla il licenziamento intimato senza giusta causa o giustificato motivo ovvero ne dichiara la nullità a norma della legge stessa, ordina al datore di lavoro di reintegrare il lavoratore nel posto di lavoro. - 

Questo è il primo capoverso, che in pratica lo riassume . Per onor di cronaca riporto il resto : 

Il lavoratore ha diritto al risarcimento del danno subito per il licenziamento di cui sia stata accertata la inefficacia o l'invalidità a norma del comma precedente. In ogni caso, la misura del risarcimento non potrà essere inferiore a cinque mensilità di retribuzione, determinata secondo i criteri di cui all'art. 2121 del codice civile. Il datore di lavoro che non ottempera alla sentenza di cui al comma precedente è tenuto inoltre a corrispondere al lavoratore le retribuzioni dovutegli in virtù del rapporto di lavoro dalla data della sentenza stessa fino a quella della reintegrazione. Se il lavoratore entro trenta giorni dal ricevimento dell'invito del datore di lavoro non abbia ripreso servizio, il rapporto si intende risolto.
La sentenza pronunciata nel giudizio di cui al primo comma è provvisoriamente esecutiva.
Nell'ipotesi di licenziamento dei lavoratori di cui all'art. 22, su istanza congiunta del lavoratore e del sindacato cui questi aderisce o conferisca mandato, il giudice, in ogni stato e grado del giudizio di merito, può disporre con ordinanza, quando ritenga irrilevanti o insufficienti gli elementi di prova forniti dal datore di lavoro, la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro.
L'ordinanza di cui al comma precedente può essere impugnata con reclamo immediato al giudice medesimo che l'ha pronunciata. Si applicano le disposizioni dell'art. 178, terzo, quarto, quinto e sesto comma del codice di procedura civile.
L'ordinanza può essere revocata con la sentenza che decide la causa.
Nell'ipotesi di licenziamento dei lavoratori di cui all'art. 22, il datore di lavoro che non ottempera alla sentenza di cui al primo comma ovvero all'ordinanza di cui al quarto comma, non impugnata o confermata dal giudice che l'ha pronunciata, è tenuto anche, per ogni giorno di ritardo, al pagamento a favore del Fondo adeguamento pensioni di una somma pari all'importo della retribuzione dovuta al lavoratore."

L'art.18 dice solo che non si puo' licenziare un lavoratore solo per un capriccio. L'art.18 difende la dignità del lavoro e pone una questione morale sulla esistenza idi un rapporto di lavoro. L'art.18 da al Lavoratore riconoscimento e dignità. L'art.18 in un Paese in cui non c'è mai stato un mercato del lavoro facile rappresenta un punto fermo che identifica il lavoratore come persone a non come oggetto.
Perchè lo si vuole a tutti i costi abolire?

Il perchè è intuibile: con la abrogazione di questa norma,chi potrebbe impedire al datore di lavoro di licenziare un lavoratore solo perchè sindacalista? O perchè chiede il pagamento degli straordinari? O perchè protesta per la mancanza di applicazione dell norme di sicurezza? La possibilità di licenziare senza motivo aprirebbe a datori di lavoro senza scrupoli la strada per un potere assoluto. L'art.18 è una diga dietro alla quale c'è l'anarchia nel mondo del lavoro e quindi la scomparsa di ogni diritto e di ogni tutela. 

E' chiaro che la destra, alla quale preme  tutelare i privilegi della classe dominante, ha tutto l'interesse ad aumentare il divario tra ricchi e poveri ed aumentare a dismisura il potere degli imprenditori nei confronti dei lavoratori. 

Ed è una tutela degli interessi di un club abbastanza ristretto che pero'  contrasta con gli interessi del Paese. Perchè dovrebbe essere evidente che in un rapporto di lavoro chiaro e trasparente, in cui vengono riconosciute le reciproche dignità ed nel quale tutti collaborano per il raggiungimento del bene dell'Azienda, che poi è bene per tutti,  il problema non sono le tutele dei Lavoratori, ma semmai  il costo del Lavoro che è esorbitante per l'enorme numero di tasse che ci gravitano sopra. Ed anche questo rappresenta soltanto una parte del problema, perchè la realtà è che le Imprese italiane, e l'intero sistema Paese risentono di una cultura sbagliata, di una visione di bassissimo profilo, che sta velocemente retrocedendo il nostro Paese verso il basso della classifica dei Paesi industrializzati. E' una cultura di profitto immediato a scapito della progettualità del futuro, di immobilismo, di autoreferenzialità, di mancanza di coraggio e di inventiva, di mancanza di investimenti e di  innovazione. Marchionne ha condotto una battaglia epica per privare i lavoratori Fiat di una parte consistente dei loro diritti, ma continua a produrre la Panda , sulla quale il costo del lavoro incide solo per il 7 % (sette percento) . Se non le vende appare chiaro che i problemi sono altri. O no? Nel nostro Paese non si investe nella formazione, non si investe nella innovazione, si continua stolidamente e bovinamente  scaricare le  colpe della crisi sui  Lavoratori  , per evitare una seria analisi dei problemi, che evidenzierebbe le colpe di  una classe dirigente e politica incompetente ed inadeguata. Che evidenzierebbe le responsabilità della Casta . Di quella Casta di cui Alfano fa parte ed i cui privilegi vuole difendere

Se vogliamo parlare seriamente di Lavoro, dobbiamo dire che il rapporto di lavoro non è un ghiribizzo del Datore di lavoro, non è un rapporto nel quale valgono solo gli interessi di una parte, ma è un rapporto che impegna entrambe le parti in causa allo stesso modo e con la stessa dignità. L'instaurazione di un rapporto di lavoro, per la parte datoriale fa parte di un progetto economico , di un piano industriale basato su calcoli, commesse , profitti , sviluppo. Ma per il lavoratore fa parte di un progetto di vita, sul quale si fonda la possibilità di acquistare una casa, di progettare una famiglia ed in ultima analisi di creare la Società e di fare girare l'economia del paese. E ' giusto dunque che un contratto di lavoro, come del resto tutti i contratti, impegnino entrambe le parti.


Quindi nel 1970 , con questa Legge, oltre a rimarcare i principi contenuti nell'art.41 della Costituzione, si sono affermati postulati che sono fondanti per il progresso e la affermazione della Società moderna. Postulati che oggi in Europa hanno preso il nome di Responsabilità Sociale di Impresa, che si riflettono nell'Accordo Europeo sullo Stress lavoro Correlato del 2004, che sono insomma i postulati di quella volontà di riportare la centralità sull'uomo e sul lavoro, in modo particolare dopo che la spaventosa crisi che sta attraversando il pianeta ha evidenziato la drammatica fragilità della economia finanziaria.


E' quindi ancora più' curioso sentire dalle labbra di vari politicanti la affermazione che la rimozione dell'art.18 sarebbe chiesta dall'Europa.

Sembra invece evidente che in realtà una certa parte del Paese, una certa parte Politica, assieme ad una consistente parte dei poteri forti della Economia del Paese, stiano cercando di approfittare della crisi, e quindi della debolezza delle classi lavoratrici, per portare un colpo mortale ai diritti dei lavoratori e quindi acquisire un potere enorme. 

Vale la pena di dire, a questo proposito, che nella quotidianità delle cause di lavoro l'art.18 appare poco, secondo le statistiche circa nel 1 % della cause di lavoro, e che in un anno porta a circa un centinaio di reintegri su una popolazione di lavoratori di decine di milioni di persone. Ma rappresenta sicuramente un deterrente, ed una affermazione di principio.

Appare chiaro che, senza l'art.18 i primi ad essere licenziati dal capriccio del datore di Lavoro sarebbero quei lavoratori che reclamano diritti, che protestano per le ingiustizie, che chiedono la applicazione delle misure di sicurezza eccetera. E che quindi si verrebbe a creare progressivamente una classe di lavoratori passivi e senza diritti .

Discutere su questo articolo insomma non è finalizzato a dare forma, a riformare al mercato del lavoro, ma può' essere finalizzato soltanto a sbilanciare in maniera assoluta ogni rapporto di lavoro a vantaggio dei datori di lavoro.

Per riformare il mercato del lavoro si potrebbe ridiscutere la definizione di giusta causa, di giustificato motivo, si potrebbero raggiungere accordi su cosa si possa intendere per valida ragione per licenziare. Ma toccare il principio che difende i lavoratori dall'ingiustizia no

Sarebbe come abrogare la Costituzione o la Carta dei Diritti dell'Uomo. Ma del resto siamo in un momento storico sociale e politico nel quale tutto sembra possibile, abrogare la Costiuzione, abolire i diritti..... Mi sembra che i componenti di questa Casta di questo scempio stiano facendo a gara per chi arriva primo. Uno scenario, fatte le dovute proporzioni, molto simile al periodo della fine dell'Impero Romano ...ma la Storia, evidentemente, non insegna nulla...

Nessun commento:

Posta un commento